Il mulino di Bobbio Pellice e il legno. Forse, in altre occasioni, vi avrò già raccontato qualcosa della Val Pellice e questa volta vi parlo del mulino di Bobbio Pellice un bellissimo esempio di restauro. Ho imparato ad amare la cultura e le tradizioni, già leggendo i racconti di Laura Trossarelli e poi di domenica in domenica, stagione in stagione, girando per boschi e paesini. E’ encomiabile la cura dei valligiani per il territorio della Val Pellice.
Una zona ricca di noceti, castagni, faggi, betulle e più su le conifere. Il legno, ieri come oggi, viene utilizzato per il riscaldamento, per la costruzione di arredi e per l’edilizia. E’ ancora possibile vedere delle vecchie case con balconi, scale, loggiati fatti con legno di castagno.
In occasione di una festività, il mulino di Bobbio è stato aperto al pubblico e la sua ruota messa in funzione. Con un lavoro durato diversi anni, la struttura a “moulin a roudoun” e tutti i suoi macchinari sono stati restaurati e in alcuni casi rifatti completamente. La Val Pellice è chiamata “La valle della libertà”, il suo popolo ha dovuto lottare per il riconoscimento del suo status religioso, culturale e politico. L’isolamento impostogli, ha fatto si che i valligiani raggiungessero un’autonomia quasi totale. Nei mulini venivano macinati segala, frumento e grano saraceno. Quando si poteva venivano scambiati in pianura con il mais, difficile da coltivare in montagna.Sulle pareti che ricoprono gli ingranaggi sono ancora visibili le incisioni fatte dal mugnaio che riportava pesi, quantità dei sacchi di granaglie e nomi dei proprietari. Appunti senza tempo.Durante la pulizia del mulino, sono state ritrovate delle stampe antiche ancora in buono stato. Fogli di giornali, locandine pubblicitarie dell’ “Illustrazione Popolare”.Ricordi di un modo di vivere semplice, dove il meteo regolava, ritmi e abitudini, fortune e fatiche. Un tempo, dove si mangiava a colazione polenta e latte freddo o burro, latte e frumento macinato; a pranzo patate e formaggio, od ortaggi e uova; la sera polenta o minestre fagioli. Nelle festività e nei momenti spuntavano sulle tavole i ricchi sanguinacci,Il legno faceva da padrone anche sulle tavole; taglieri , vassoi per la polenta, piatti, cucchiai, setacci per la farina e tanto altro, possibilmente di legno di faggio.Il grande setaccio del mulino.
Belle stampe che facevano sicuramente sognare le signore della valle.I sacchi dove, dopo l’articolata lavorazione, finivano le farine.Un sacco contenitore delle granaglie.Il mulino di legno ora non viene più utilizzato, la sua pala mossa dall’acqua del canale gira ancora ma solo in occasioni speciali. Al posto del mugnaio ho trovato un solerte e gentile cicerone, i sacchi sono vuoti e le macine ferme. Mi sono fermata un attimo ….e per magia tutto ha ricominciato a vivere come non tanti anni fa. Basta sognare un pò.
Un tuffo nel passato a occhi aperti, bell’articolo.